I guardiani della casa dell’elicriso

Recensione del libro di Giordano Vezzani:

Un gruppo di “ex ragazzi” si ritrova dopo 19 anni. Siamo in Liguria, in una terra aspra e accogliente, selvaggia e domata, blasfema e devota, come dice l’autore nella quarta di copertina. Cristiano, il protagonista, si mette sulle tracce di Bianca e di suo fratello Daniele, scoprendo che vivono ancora nella villa antica che un tempo era usata dalla famiglia solo per le vacanze, mentre ora è diventata la loro vera dimora. In questo modo si riuniscono dopo molti anni, nei ricordi e in parte nella realtà, tutte le persone che popolarono il loro passato, quando si conobbero grazie ad Ariel, il Golden Retriever di Cristiano, scappato e poi ritrovato in uno dei terrazzamenti della proprietà. Dopo tanti anni sono tutti diversi ma anche uguali: come accade per gli affetti più cari, si ritrovano come se si fossero appena lasciati.

Anche se il protagonista in passato ha condiviso con Daniele momenti ludici e di svago, come il gioco del tennis, appare evidente che con Bianca ha instaurato un legame più intenso, una storia d’amore da adolescenti, tanto che anche dopo molti anni, scrutando gli occhi della donna, il suo pensiero tocca momenti lirici: “Brindo al mio coraggio, alle storie irrisolte, alle vite perdute dei giovani adolescenti, all’amore che si nasconde tra le pieghe dell’alienazione, alla sofferenza che ci inganna con promesse rubate.”

La villa dei Fiorentino ora è decrepita. Ha ancora la torretta sulla quale salivano in modo spericolato quando erano ragazzi, facendo spaziare lo sguardo tutt’intorno, ma i muri sono scrostati e le decorazioni in stile Liberty corrose. È ancora abitata, ma ha visto tempi migliori. La dimora nobiliare è anch’essa protagonista del libro, è un luogo magico dal quale si poteva scendere fino al mare attraverso una scaletta così lunga e ripida da essere definita “da indulgenza plenaria”, aveva sotterranei ampi e misteriosi che portavano a un bunker, e accendeva la fantasia dei ragazzi con i suoi misteri. È in questa casa che Cristiano ha sempre immaginato Bianca ed è qui che recupera tutto il suo passato: “Ho pensato a te spesso e francamente non sono mai riuscito a pensarti serena. Sono sorpreso, in effetti, di come vi ho ritrovati. Come due naufraghi raccattati su un paradiso tropicale, un’isola in culo al mondo. La condizione in sé è insolita, forse anche faticosa, ma il modo in cui la vivi sembra ricompensarti delle sofferenze.”

Ben presto si affaccia almeno un mistero, che in passato ha sconvolto le vite dei Fiorentino e le ha cristallizzate in un eterno presente. Nella narrazione si fanno strada diverse tragedie che vengono dal passato, si insinuano tra i ricordi e rendono la storia più coinvolgente. I Fiorentino professano la religione ebraica; Lia, la madre di Bianca, è scampata per miracolo alle persecuzioni razziali, ma non vi è solo questo, alcuni personaggi presentano contorni oscuri, perversioni e lati nascosti. Tutto viene celato, l’apparenza è limpida ma la famiglia è ricca di stranezze e di ambiguità.

Lungo tutto il romanzo la narrazione si sviluppa in modo piano, le parole si prendono il tempo necessario per farsi apprezzare dal lettore: ne risulta una lettura molto piacevole, che non stanca, anzi fa venire alla mente scene di film indimenticabili, dal Giardino dei Finzi Contini per la passione per il tennis a tanta buona filmografia sull’età dell’innocenza e della formazione.

Per di più, il romanzo è un inno alla donna: le figure femminili, pur se bizzarre e inquiete, vi spiccano in modo particolare, ne diventano protagoniste, anche se in teoria sarebbero comprimarie. Chi legge gioisce degli stessi stupori creativi di Lia e si innamora di Bianca, che è dolce e vive isolata, al riparo della casa che ha visto svolgersi la vita di intere generazioni, ne è diventata la testimone e la vestale, come se fosse un tempio.

La scrittura di Giordano Vezzani è accurata, ricca e coinvolgente. Ha una tale capacità di descrizione dei luoghi da fare sì che il lettore si immedesimi in ogni pietra che descrive, in ogni dipinto, in ogni pianta, persino in ogni crepa del muro. L’autore ha una cultura multiforme e ce la mostra tra le pagine con generosità, senza mai essere pedante, riuscendo anzi a far sorridere quando descrive, ad esempio, la madre di Cristiano che cerca di mostrarsi colta ma dice continui strafalcioni.

Ci sarebbe molto altro da dire su questio libro ricco di spunti, ma preferisco concludere con le parole dell’autore: “Rifletto anch’io su questo momento, sull’occasione che mi è stata data, sulla redenzione che tutti si aspettano dalla vita anche quando è tutto finito ed è troppo tardi per provvedere a modificare il nostro comportamento.”