Le eredità del male

Recensione del libro di Antani e Mascetti:

Ho letto con grande piacere questo bel romanzo, finalista a pieno merito al premio “Garfagnana in giallo”. La narrazione è piana e scorrevole, tanto che nonostante la lunghezza ho desiderato che il libro non finisse, per ritrovarlo alla sera sul comodino ad aspettarmi. La vicenda narrata, come accade per molti gialli di spessore, è un pretesto per focalizzare l’attenzione sulla storia, in questo caso quella relativa ai manicomi, in particolare l’ex ospedale psichiatrico delle “Granzette” in provincia di Rovigo. Tutte le vittime in passato avevano lavorato lì oppure erano legate alla struttura in qualche modo. La lettura mi ha portata a riflettere su un mondo che ha suscitato tante volte il mio interesse, per la sofferenza racchiusa tra quelle mura che alla fine lo rendevano un luogo di contenzione e coercizione, nel quale si creava un inconsueto legame tra i pazienti ricoverati e il personale di assistenza. Un legame che a volte poteva addirittura confondere le carte, tanto da portare a un’inversione o a una confusione dei ruoli. Tutte le parti che trattano del delicato argomento del ricovero presso le strutture manicomiali sono scritte con rispetto e con mano quasi amorevole, oltre a essere documentate in modo minuzioso, e trasformano questo libro in un pezzo di storia. Ecco un passaggio significativo: “Mario annuì, cercando di regolarizzare il respiro. Per un breve istante si era sentito come uno dei matti ricoverati: perso, annichilito, senza speranza. Il manicomio era un microcosmo, un’isola separata dall’acqua del Ceresolo, un confine tra uomini, tra chi poteva vivere e chi poteva solo ascoltare il rumore di chi viveva “fuori”.”

In questo bel romanzo non manca l’ironia, elemento difficile da dosare in un giallo, ma fondamentale. In una narrazione che si svolge perlopiù tra Rovigo e i paesi limitrofi, fanno la loro comparsa qua e là alcune macchiette, vecchietti seduti fuori da un bar oppure funzionari con alti incarichi istituzionali, che presentano l’intera gamma delle piccinerie umane. Quello che è difficile è riportare tutto ciò in un romanzo, ma i due giallisti Antani e Mascetti riescono perfettamente in questa impresa. Eccone un passaggio tra i tanti: “Si schiarì la voce e improvvisò un bel discorso a base di frasi fatte, condito di termini quali “responsabilità”, “prevenzione”, “dosare la forza”, “attenzione”, “controllo”. Quando vide, con la coda dell’occhio, che al sindaco era scappato un sorrisetto di condiscendenza, si avviò alla conclusione “pertanto, non lasceremo nulla di intentato, raddoppieremo la presenza sul territorio, metteremo pattuglie congiunte con le altre forze sugli obiettivi sensibili.”

Altro elemento di estrema importanza nel romanzo è l’amore: il protagonista, un investigatore privato ex poliziotto, ha un certo fascino stropicciato e gestisce la sua generosità amorosa tra varie figure femminili, tra le quali spiccano due giovani coinvolte nelle indagini, oltre alla figlia, nei confronti della quale l’uomo prova un forte amore paterno ma anche un senso di frustrazione, perché non si sente all’altezza del difficile ruolo di padre. Anche le donne concedono le proprie grazie con una certa generosità, tanto da mettere spesso in imbarazzo il nostro investigatore: “Pavan si alzò in piedi e si stirò una piega sulla camicia. Poi guardò le due sedute sul marciapiede e rispose: “Forse una che ha amato troppo”.”

Il romanzo è davvero ricco, la mia breve recensione non riuscirà certo a esaurire tutte le tematiche affrontate nel libro. Ne consiglio assolutamente la lettura, se ne esce arricchiti, con una ineluttabile consapevolezza: “Gli uomini fanno le cose sempre per gli stessi motivi: soldi, ma sarebbe meglio dire avidità, paura, amore, vendetta e odio. I moventi peggiori sono l’odio e l’amore, due facce spesso della stessa medaglia.”